"Sì, era la prima volta che esisteva un simile incarico", dice sorridendo. Rospars, a capo della sua Blue State Digital, aveva già firmato delle iniziative di successo, ma a credere nelle sue doti è stato soprattutto David Plouffe, il responsabile della campagna elettorale di Obama, che prima di altri ha capito che il web poteva essere utilizzato in maniera nuova. "Mi ha chiamato lui - ricorda Rospars - mi ha detto che se la gente voleva delle voci nuove, se voleva che qualcosa accadesse, la sfida era quella di farla accadere davvero, costruire un movimento nuovo in un insieme di istituzioni arcaiche".
E Barack Obama?
"L'ho incontrato subito dopo e abbiamo parlato dell'America, di quello che voleva fare. Gli ho chiesto cosa sarebbe accaduto se avessimo perso, e lui mi ha risposto che l'importante era la campagna elettorale, che l'obiettivo era quello di migliorare il processo politico nel Paese, di coinvolgere la gente. Mi spiegò che voleva costruire una relazione con i suoi sostenitori e che anche tra di loro nascesse una relazione. Mi disse che se ci fossimo riusciti tutto questo non si sarebbe fermato alle elezioni, che quello che saremmo stati in grado di costruire avrebbe resistito anche dopo. E aveva ragione".
Qual è stato il vostro punto di partenza?
"Il 1989, quando la gente, specialmente nell'est europeo, si è messa in movimento per cambiare. La gente non andava solo a comprare i giornali illegali ma ne faceva fotocopie per farli leggere ad altri, non si limitava a leggere i volantini, li riproduceva per convincere i vicini di casa. Si metteva insieme per essere parte di un processo politico che fino a quel momento li aveva esclusi, costruiva una società civile nuova, creava la partecipazione democratica. Oggi tutto questo continua, invece delle pubblicazioni illegali ci sono i giornali sul web, i volantini sostituiti dai cd".
Molti pensano che gli strumenti del web siano freddi, impersonali, che Internet isoli la gente invece di unirla.
"Potrebbe essere se si pensasse agli strumenti dei nuovi media come a una sostituzione dei rapporti umani diretti. Ma non è stato così. Il web ci ha dato modo di avere più gente nelle strade, più sostenitori che hanno fisicamente bussato a un numero molto maggiore di porte e parlato davvero a un numero molto più grande di persone. Il nostro obiettivo non era quello di trasmettere un messaggio dal vertice alla base in modo nuovo, ma quello di creare, come voleva Obama, una relazione con i supporter e dei supporter tra loro, mettere le persone al lavoro, non con gli ordini, ma con gli stimoli, dando ad ognuno tutto il materiale necessario online affinché ognuno si sentisse libero di fare quello che sapeva fare meglio. Nei nostri video, nei nostri messaggi, Barack Obama appariva poco, il nostro messaggio non era "votate Obama" ma "fate sentire la vostra voce"".
Il web sta cambiando la politica in America?
"Non si può dire ancora, diciamo che si è messo in moto un cambiamento. Si è chiarito soprattutto un equivoco riguardo ai nuovi media. Non sono il messaggio, sono lo strumento per agevolare l'accesso alla politica. E se ne dovranno rendere conto anche i repubblicani, magari perdendo un altro paio di elezioni. Loro hanno ragionato alla vecchia maniera, con una campagna elettorale dal basso verso l'alto. Noi abbiamo rovesciato questo meccanismo, senza la collaborazione della gente non avremmo potuto vincere".
Quello della vostra campagna elettorale è un modello che può essere esportato altrove?
"Non penso che possa essere esportato così com'è. Ma penso che sarà difficile non tenere conto di quello che è successo in questa campagna elettorale. Anche perché chi ha partecipato a questa campagna sta continuando a partecipare alla vita della propria comunità e non è disposto a tornare indietro".
Tratto dal quotidiano " Repubblica"
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